martedì 10 febbraio 2009

Il principio della vita.

Scienziati e filosofi non hanno mai fornito una definizione decisiva di ciò che è la vita, così come non sono mai riusciti a dire con certezza dove inizi e dove abbia fine. Nel corso dei secoli medici e religiosi hanno sostenuto che l'inizio della vita coincidesse con la percezione da parte della madre dei primi movimenti fetali nel ventre. Ma la medicina moderna ha imparato a misurare un tipo più impercettibile di movimento fetale - l'attività elettrica del cervello dell'embrione. Una rudimentale attività cerebrale può essere rilevata all'ottava settimana di vita. L'attività elettrica nel cervello, l'area in cui ha sede la coscienza, comincia al sesto mese dal concepimento del feto.
Per alcuni dottori questa è la pietra miliare, l'inizio della cosapevolezza di sè.
Un feto come quello ritratto in questa fotografia, alla sedicesima settimana di vita e lungo poco più di quattordici centimetri, ha una certa attività elettrica a livello del sistema nervoso in fase di sviluppo, ma non un'attività cerebrale più complessa. Se è un "individuo vivente", e cosa ancora da decidere. L'identificazione della vita con l'attività cerebrale è un concetto medico abbastanza nuovo, ma assume una enorme importanza anche nella determinazione del momento della morte. Per generazioni i medici si sono affidati al respiro e al battito cardiaco per stabilire se un paziente era ancora in vita. Oggi la "morte cerebrale", cioè la cessazione dei segnali elettrici nel cervello, è universalmente considerata come il segno dell'avvenuto decesso.
Ma sembrerebbe del tutto "inopportuno" affermare che un E.E.G. o un E.C.G. misurano l'attività elettrica fino ad un certo punto, dopodichè non riescono a segnalare più passaggi attraverso la linea isoelettrica perchè sono "tarati" ad una misura limite impostata dall'uomo. Alcuni medici propongono di modificare il termine in modo da includere la "morte cognitiva" del coma irreversibile, in cui sono assenti l'intelletto, la memoria, il linguaggio, e la coscienza di sè, malgrado il cervello conservi la capacità di funzioni riflesse - respirare, dormire e digerire. Perciò quando arriva il momento della morte?
Si presenta nel momento preciso in cui l'ultima "fiammella di vita" rimane in quel corpo ormai morente? Quella impercettibile attività elettrica che le tecnologie mediche non riescono a scruttare? E se la vita arriva in un feto pian piano alla sua formazione, perchè non può spegnersi lentamente come una "candela esausta"? Siamo noi stessi artefici della decisione di lasciare quel corpo irrimediabilmente inutilizzabile?

Allora: Quando arriva veramente la morte?
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Con la morte cardiovascolare, con la perdita di ogni funzione cerebrale o con la perdita della consapevolezza di sè?
"Non vi è un momento di morte", afferma il dottor Julius Korein, docente di neurologia della commissione etica del Bellevue Hospital.
"Prendiamo la morte cardiovascolare, il cuore si arresta. E' quello il momento della morte? Con moderne apparecchiature è possibile rilevare attività elettrica nel cuore dopo quaranta minuti dall'arresto cardiaco. Il momento della morte è una finzione".
Quali che siano le risposte, questi interrogativi non rappresentano più delle speculazioni astratte, ma stanno alla base dei dibattiti etici sull'aborto e il trapianto di organi in corso nei paesi occidentali.

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